Di tutto un po'

RIFLESSIONI SULLA FIGURA DEL CONDUTTORE DI TG (E DI QUELLO DEI GR)

Un articolo letto su Repubblica e firmato dal critico televisivo Antonio Dipollina, il quale nei suoi interventi radiofonici si mostra sempre ironico e simpatico, prende di mira la figura del conduttore del telegiornale, dopo la polemica per la rimozione di tre volti noti dall’edizione principale del Tg1. Secondo me, non si riflette abbastanza su questa figura così anomala nel giornalismo, quella del conduttore del telegiornale e del giornale radio, tanto viene forse sovradimensionato il primo, quanto ultimamente sottodimensionata la seconda figura, almeno nell’emittente pubblica.

Non è vero, come sostiene Dipollina, che la figura del conduttore del tg sia diventata così importante solo adesso. Verrebbe da ricordare certi nomi di conduttori storici del telegiornale: Piero Angela, Andrea Barbato, Tito Stagno, Mario Pastore, Italo Moretti, Piera Rolandi, Franco Biancacci, Ennio Mastrostefano, Paolo Frajese, Massimo Valentini, Angela Buttiglione, Bianca Maria Piccinino, Alberto Michelini, Lello Bersani, Carlo Picone, Maurizio Vallone, Lilli Gruber, Tiziana Ferrario, David Sassoli solo per citarne alcuni. La loro autorevolezza, messa al servizio del telegiornale, ne diventava un valore aggiunto che spesso si trasformava in qualcosa di fondamentale. Il famoso “l’ha detto la tv” era anche merito loro. Piuttosto, oggi, in qualche caso si assiste a un fenomeno contrario, e cioè che, come avviene negli Stati Uniti, il conduttore possa essere o sentirsi la star del telegiornale, mettendo in evidenza se stesso più che la notizia, creando una sorta di divismo che non avrebbe senso, visto che il conduttore di tg è il ponte tra il lavoro di una redazione e i telespettatori. Una redazione di cui fa parte a pieno titolo: i testi che legge sono anche suoi, e quelli che non sono suoi li adatta al suo modo di porgere le notizie. Ma sarebbe sbagliato dire che questa stortura esista solo ora, in realtà esiste da qualche decennio, e ritorna fuori quando un direttore (tra parentesi: alcuni direttori sono stati conduttori di tg) decide di cambiare i volti dell’edizione principale.

Contribuisce a rendere molto noto il conduttore del tg anche qualche personalità forte, viene in mente subito Enrico Mentana che nasce conduttore al Tg1 e che anche come tale, prima a Canale 5 e poi a La7, diventa il principale testimonial del telegiornale da lui diretto. Emittenti come Sky Tg 24 hanno sempre dato importanza alla figura del conduttore, lanciandone di autorevoli.

Andiamo alle origini e scopriamo chi fu il primo conduttore – quindi non speaker ma giornalista – di un telegiornale in Italia e chi invece doveva esserlo. Siamo nel 1961, agli albori del Secondo Programma Televisivo, e il direttore del tg Enzo Biagi voleva sperimentare in quel canale una conduzione giornalistica, più personalizzata e meno asettica rispetto ai bravissimi speaker che leggevano i notiziari del Programma Nazionale. Il primo conduttore nel senso in cui lo intendiamo, fu dunque Tito Stagno. Ma doveva essere Gianni Rocca, che poi divenne un grandissimo uomo-macchina nella carta stampata, uno di quei giornalisti che in qualsiasi situazione fanno uscire il giornale, qualità che emerse in particolare nel quotidiano La Repubblica, di cui fu uno dei fondatori. Il figlio Massimo, peraltro, è ottimo conduttore radiofonico, che ha legato la sua carriera prima all’agenzia Area e poi a Radio Capital, dove forniva interessanti chiavi di lettura agli avvenimenti del giorno.

Si passerà poi al 1968, direttore Fabiano Fabiani, per varare il primo tg condotto interamente da giornalisti, il telegiornale delle 13.30. Si alternavano due conduttori principali, Piero Angela e Andrea Barbato cui si aggiunse Piergiorgio Branzi pochi mesi dopo, ma in studio c’erano anche dei commentatori di politica estera, politica interna e sport, questo appannaggio quasi sempre di Maurizio Barendson. Scorrendo i nomi dei giornalisti che condussero negli anni quel tg, si trova il meglio dell’informazione televisiva di quel periodo storico e dei decenni successivi: Paolo Cavallina, Giuseppe Vannucchi, Fulvio Damiani, Ottavio Di Lorenzo, Gianni Manzolini, lo stesso Mario Pastore, Nuccio Fava, Rodolfo Brancoli, Alberto La Volpe.  Nel frattempo era diventata giornalistica anche la conduzione del breve tg del pomeriggio, a coppie: tra gli uomini Franco Biancacci, Nanni Cardona, Emmanuele Rocco, Mauro Innocenti, tra le donne Bianca Maria Piccinino, Angela Buttiglione, Brunella Tocci, Gabriella Martino. Dopo qualche anno, la conduzione del tg pomeridiano diventò femminile, mentre uno degli ex conduttori, Nanni Cardona, ne diventò il caposervizio, sotto la guida del caporedattore Franco Fassetta.

Il successo della conduzione giornalistica, nonostante all’epoca ci fosse anche chi contestava la dizione non perfetta di qualche conduttore, fu tale che due anni dopo Villy De Luca, successore di Fabiani e lui stesso ex mezzobusto, fece un’analoga operazione, ma collegiale nel telegiornale delle 20.30.

Negli anni, complice l’indennità di conduzione che la Rai attribuiva a chi ricopriva il ruolo, sono stati sempre più i giornalisti a presentare i tg, e ovviamente la moltiplicazione dei mezzibusti fa sì che non tutti siano proprio adatti.

Alcuni conduttori di particolare bravura, come Massimo Valentini del Tg1 che aveva iniziato la carriera come annunciatore a Firenze e poi era diventato giornalista, avevano anche il compito di insegnare ai colleghi più giovani.

Oggi siamo talvolta al paradosso che un buon conduttore, facendo il proprio mestiere, possa parzialmente nascondere la bruttezza di telegiornali non praticamente brillanti, cosa che nelle tv locali poteva avvenire spesso, ma ora succede anche a livelli più alti e la cosa sarebbe un po’imbarazzante.

A proposito delle tv locali, mi piace aprire una parentesi. Vengo da una generazione che dovette faticare più di quanto si possa pensare per dimostrare che chi aveva scritto il giornale, in qualche caso, poteva essere un valore aggiunto. Molte emittenti, infatti, per scarsa ambizione dei redattori del tg o per loro mancanza oggettiva di telegenia, preferivano affidarsi a lettori, che magari in qualche caso collaboravano come giornalisti per altre testate, o a lettrici particolarmente belle da vedere, ma talvolta digiune dei requisiti fondamentali per saper leggere un notiziario. Erano gli editori a operare queste scelte. L’estrazione radiofonica di alcuni di noi, oltre a un pizzico di ambizione personale, fece in parte cambiare loro idea, perché ovviamente chi sapeva parlare a un microfono, e aveva scritto quelle notizie, le faceva comprendere meglio. Anche qui, inevitabilmente, con gli anni la conduzione divenne una parte del lavoro giornalistico. E ci sono colleghi, come Paolo Fratter, che hanno fatto il grande salto, diventando volti credibili e capisaldi di testate come Sky Tg 24.

Paradossalmente, il ruolo del conduttore di tg è considerato da molti anni talmente importante in Italia che diversi sono diventati direttori, forse in percentuale più degli inviati o degli uomini-macchina dietro le quinte: la stessa Monica Maggioni, Angela Buttiglione, Bruno Vespa, Nuccio Fava, Enrico Mentana, Italo Moretti (che è stato anche grande inviato), Bianca Berlinguer.

Questa importanza, altro paradosso, non trova sempre corrispondenza per la conduzione radiofonica, almeno nell’emittente pubblica. Ci sono alcune figure – su tutti Paolo Salerno e Lorenzo Opice – che incarnano nella loro voce l’autorevolezza e la storia della testata che rappresentano. Ma l’impressione è che talvolta alla radio pubblica la scelta del conduttore del notiziario sia meno azzeccata rispetto alle redazioni delle radio private nazionali. Occorrerebbe avviare una riflessione, perché le redazioni private sono più piccole e spesso chi ci lavora viene considerato quasi di minore importanza rispetto agli animatori o ad altre strutture dell’emittente, salvo contribuire spesso alla pari nella qualità della programmazione. La Rai, che invece giustamente considera molto le proprie redazioni giornalistiche e quella della radio, talvolta sembra stentare nella ricerca della voce giusta per la conduzione, o esagerare nell’alternanza di troppe persone in onda. È bene ricordare, allora, le voci che dai nostri apparecchi uscivano nei giornali radio degli anni Settanta e Ottanta: Cesare Palandri, Filippo Cicognani, Luca Liguori, Paolo Francisci, Luciano Lombardi, Salvo Ponz de Leon, Antonio Leone, Marcello Ciotti, Emilio Albertario, Enrico Morbelli, Marco De Strobel, Empedocle Maffia, Rino Icardi, Lilli Sarti, Carlotta Tedeschi. Voci che hanno avuto ottimi eredi soprattutto nei primi anni Novanta e che riascoltate, dimostrano come la radio, essendo principalmente parola e suono, traesse linfa vitale nell’informazione dalla conduzione al microfono del notiziario.

Per chiudere questa riflessione, qualche domanda e risposta secca.

1: È vero che i conduttori dei tg sono diventati forse troppo importanti per la sua struttura? R: Sì, ma non è vero che lo siano solo da oggi, ormai almeno da trent’anni, dai tempi di Lilli Gruber almeno.

2: Qual è l’equilibrio in tv fra il telegiornale ed il suo conduttore? R: Alla fine è 50 e 50. Un pessimo conduttore può rovinare una giornata di lavoro di un’intera redazione, un bravo conduttore può salvare un brutto tg.

3: In radio è la stessa cosa? R: Certo, ma al conduttore di gr che usa solo la voce in onda, talvolta non viene riconosciuta la medesima autorevolezza rispetto ai colleghi televisivi.

4: Può esserci un po’ di malcelata invidia da parte di qualche critico della carta stampata nell’affrontare l’argomento? R: C’è una domanda di riserva?

 

Davide Camera

Categorised in: Editoriali, Televisione

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