70×70. Sembra una normale operazione aritmetica, invece è un’operazione nostalgia, almeno nell’intendimento di chi l’ha organizzata. Splendida sulla carta e in parte della sua realizzazione, ma con una dichiarazione di intenti che costringe ad arrivare a completarla per forza. Si tratta di un’idea di RaiPlay, ovviamente con la collaborazione delle Teche, fonte e fucina di ricordi televisivi che sono anche la memoria di una nazione. Ricordi che non partono proprio dalle origini della televisione italiana, ma da quando esistono le prime testimonianze, registrazioni che avvenivano attraverso il vidigrafo, che trasformava in pellicola le immagini televisive. E’ grazie a questo strumento, e all’intuizione di qualcuno che guardava avanti, che oggi abbiamo la possibilità di vedere immagini del Musichiere, o di una puntata di Lascia o Raddoppia che fu registrata solo per la necessità di replicarla il giorno dopo, causa orario insolito legato a uno sciopero, forse il primo di cui la televisione italiana abbia memoria, o ancora delle commedie di Gilberto Govi registrate in teatro, del Mattatore di Gassman o di altre trasmissioni. Non di tutte, purtroppo. Meglio va dai primi anni Sessanta, con la registrazione videomagnetica Ampex. Ci sono molte testimonianze in più, legate anche al fatto che a quel punto molti programmi, soprattutto la prosa ma anche i varietà, non avevano più la necessità di andare in diretta. Ed ecco che si innesta il format di Luca Rea condotto dall’entusiasta e competente Francesca Barolini: trovare settanta curiosità attraverso quelle registrazioni. Cifra non casuale, perché la prima serie è stata realizzata per celebrare i 70 anni della televisione italiana. Lavoro lungo, ma non impossibile, anche se la cifra obbligata costringe talvolta a parlare di eventi che forse non sono neppure degni di memoria, oltre naturalmente a quelli che invece hanno fatto la storia della televisione italiana. Rischio inesistente nella prima serie, dove gli autori hanno ovviamente avuto l’imbarazzo della scelta. È invece assolutamente reale nella seconda serie, dove effettivamente alcuni degli stralci proposti nelle puntate diffuse online dai RaiPlay, confrontati con gli altri, non si possono certo definire eventi memorabili o addirittura singolari, come vengono presentati al pubblico. Faccio un esempio: ci sono alcuni eventi sicuramente memorabili o degni di essere ricordati. Tra questi, il tentativo fallito del record in apnea di Enzo Maiorca rovinato dall’impatto con Enzo Bottesini, con tanto di bestemmia “bippata”, o un gioco intelligente per ragazzi come Chissà chi lo sa, o l’Italia campione del mondo (chissà perché non è stato inserito il triplice “Campioni del mondo” di Nando Martellini, talvolta essere didascalici dovrebbe essere un obbligo morale verso chi allora non era nato), o il famigerato “Ciro!” di una Sandra Milo spaventata da un orrendo scherzo telefonico, oppure Jet Quiz, il primo gioco preserale della televisione presentato da un azzimato Attilio Ciciotto, dove peraltro mi sarebbe sembrato doveroso parlare anche di lui, attore della televisione di Torino prematuramente scomparso. A fianco di questi eventi televisivi importanti o curiosi, certo da ricordare, nella seconda serie ne ho visti altri che sinceramente non mi sono sembrati così importanti da essere impressi in una serie che cerca di fissare eventi televisivi. E probabilmente anche per questo, la seconda serie ha introdotto il palinsesto televisivo di quella giornata, al fianco degli spezzoni al centro della puntata. Qualche esempio: che importanza può avere per la storia della televisione o degli spettatori dell’ (allora) piccolo schermo un programma come “Massimo Ascolto” con Massimo Lopez nei panni di un improponibile presentatore sferzato fuori campo da un implacabile Pippo Baudo, certo un’idea carina ma che non ha cambiato la televisione e non ne ha segnato la storia, o la prima Gondola d’Oro da Venezia dove peraltro ancora non fu assegnato il premio perché sarebbe stato dato l’anno dopo, o la domenica del 1980 che celebra sul tubo catodico i cantautori, o la prima puntata di Fantastico, o ancora la trasmissione “Il diavolo” che viene presentata come memorabile ma che in realtà era un esperimento di televisione come altri, certo intelligente e con nomi importanti, ma a mio avviso non degna di essere il “tema” di una puntata della rubrica, dove non a caso si spulcia maggiormente il palinsesto, tra Scommettiamo, quiz di Mike Bongiorno, e il Tg2 che si occupa degli “anni di piombo” con le immagini della scoperta di un covo terroristico. Insomma: ci sono puntate di 70×70 che effettivamente possono interessare tutti, e altre che invece sembrano davvero rivolte a iniziati, quasi a un circolo chiuso di appassionati di vecchia televisione. Che è il rischio che corriamo noi, che a quel circolo chiuso apparteniamo, talvolta parlandoci addosso – ma tra noi – su vecchie trasmissioni e curiosità che ci fanno somigliare al cineforum aziendale di Fantozzi, alla “Corazzata Kotiomkin” con l’occhio della madre e il montaggio analogico. Con il rischio, noi per primi, di non renderci conto di diventare degli “umarell” che anziché il cantiere, guardano un vecchio apparecchio televisivo ormai rottamato, sperando forse, chissà, che per miracolo appaia l’immagine in bianco e nero di Nuccio Costa che presenta il Festival delle Voci Nuove.
Davide Camera